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Equilibrio vita lavoro: come far fronte agli imprevisti familiari nei periodi di lavoro. Tutti i miei sbagli

Lo chiamano work life balance, equilibrio vita lavoro, ma esiste davvero? Mi ha fatto molto sorridere qualche mese fa la richiesta da parte di una giornalista di essere intervistata per un articolo che si intitola “Quanto pesa il tuo lavoro?” (apparso su Confidenze del 19 Marzo 2024).

Il sottotitolo dello spazio a me dedicato era “Ora sono una mamma più presente” facendo riferimento alla mia scelta di licenziarmi dalla ditta dove lavoravo per iniziare la libera professione in occasione della nascita di mia figlia.

Mi ha fatto sorridere perché quando ho scambiato due parole con le altre mamme dell’asilo che frequenta la mia bambina, ho scoperto che l’80% di loro ha dovuto licenziarsi per seguire i figli. L’80%! Una percentuale bella alta.

Voglio comunque precisare che la libera professione e la gestione del tempo non è stata sempre rose e fiori, anzi. Di errori ne ho fatti (e ne farò ancora) un bel po’ e quindi ora te li racconto.

Equilibrio vita-lavoro? Un miraggio!

Appena terminato l’inserimento di mia figlia all’asilo nido ho subito pensato che fosse ora di dare quel boost necessario all’avvio della mia attività e partire a spron battuto. E così ho iniziato a lavorare senza pause, finché lei era via e quando la sera si era addormentata. Come le mamme sicuramente ricorderanno però la prima vera separazione dall’abbraccio materno per un neonato generalmente è una cosa traumatica. Che corrisponde a una bimba nervosa, che di notte non dorme. E così i primi due mesi ho passato tutte le notti in bianco, con le ripercussioni sull’attenzione e sul rendimento che ovviamente questo comporta. La mia attività era agli inizi e io già zoppicavo.

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Passato questo bel periodo le cose si sono rimesse in carreggiata per ben 3 settimane. Avevo ritrovato l’energia e la voglia di fare. E sbam! Prima influenza, bimba di nuovo a casa e nessuna babysitter disponibile. Mi arrabatto come posso e un pochino vado avanti. Una settimana all’asilo e di nuovo a casa con la gastroenterite. Che mi prendo anche io. Salta un turno e riparti dal via. La mia strategia cominciava a risentirne, non riuscivo ad essere costante e a tenere le fila di tutto con una buona analisi. Stavo male ma continuavo a lavorare: ricorderò sempre una call conoscitiva con 39 di febbre. Credo ci siamo passate un po’ tutte noi libere professioniste… a Novembre la congiuntivite infettiva. Poi influenza, streptococco, bronchite. E via dicendo… mi fermo qui altrimenti questo articolo sembra più un trattato medico.

Insomma altro che equilibrio vita lavoro: tutto il primo anno della mia attività è stato così con alti e bassi che cercavo di tamponare anche con l’aiuto del mio compagno, della famiglia e delle babysitter. Io ero stanchissima. Ancora non so come ho fatto ad andare avanti.

L’importanza di tagliare i rami secchi

In Marzo finalmente prendo coscienza di come stanno andando le cose e decido di tirare fuori la testa dall’acqua. Taglio i rami secchi. Taglio tutto quello che non era fondamentale per l’attività e riparto da poche cose fondamentali. Chiedo aiuto. Contatto una professionista che mi supporti nella mia strategia di marketing, che ragioni con me su come andare avanti perché ormai sono completamente senza energie e non vedo la luce.

Parallelamente riprendo le mie conoscenze di crescita personale e capisco come ritrovare l’equilibrio emozionale ed energetico. Studio la mia esperienza e ne faccio tesoro per dar luce al mio servizio di punta. Mi concentro solo su quello e lo testo nel mercato. Riesco a tenere la strada anche quando posso lavorare solo 2 ore al giorno. Ritornano i clienti.

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Già, perché quello che non ho specificato è che quando ero a terra anche i clienti (ovviamente) si erano volatilizzati. Non avevo le forze per cercarli né per farli arrivare da me. Non avevo le forze neanche per compilare un preventivo.

Ora, sicuramente la sto scrivendo molto tragicamente, tuttavia quello che ricordo è proprio quella sensazione di essere in un tunnel senza luce, passando i giorni da ammalata, senza sapere bene quale direzione prendere e con il conto in banca che diventa sempre più basso.

Dopo aver preso consapevolezza che la prima risorsa da curare ero io, da lì è ripartito tutto.

Cosa ho imparato da questo primo anno?

Riassumendo direi che gli ingredienti sono stati

  • Poche cose fondamentali, quelle veramente importanti per seguire una direzione;
  • Chiedere e accettare aiuto;
  • Ripartire da come stare bene io in prima persona.

Poi sicuramente una buona gestione del tempo, obiettivi e direzione chiara, un’offerta sostenibile che si vende “quasi” da sola. E guarda caso sono i pilastri del mio servizio Poppins Mastery.

Tuttora capitano malanni, imprevisti ed ho capito una cosa importante. Grazie all’esperienza maturata nel mio primo anno d’attività posso affidarmi ora alla mia piccola cassetta degli attrezzi, consapevole che l’equilibrio vita-lavoro non è una cosa che si trova e permane a forza anzi va ricercato di giorno in giorno. Forse anche questo è il bello della libera professione.

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